sabato 28 aprile 2018

I fatui discorsi «anti-sette»: Lorita Tinelli contro il fideismo

Ci occupiamo ancora del webinar (seminario via Internet) organizzato dall’Ordine degli Psicologi della Lombardia e tenuto da Lorita Tinelli in data 18 Aprile, di cui abbiamo trattato in dettaglio in un post della scorsa settimana e ne focalizziamo un punto specifico che riteniamo di particolare rilievo.

Afferma la psicologa pugliese del CeSAP (il sedicente «centro studi» sugli «abusi psicologici»):


Curiosamente, la psicologa «anti-sette» smentisce se stessa in modo alquanto clamoroso (riprendiamo qui una dichiarazione da lei resa in Senato nel 2011):


Abbiamo voluto soffermarci su questo specifico punto argomentato dalla Tinelli nel webinar, perché ci pare conduca ad un’osservazione che lascia a dir poco sbalorditi.

Contraddicendo le sue affermazioni del passato, la Tinelli parla di «atteggiamento fideistico», ossia di «fideismo», per manifestare il proprio stupore di fronte alla «adesione totale» da parte dei fedeli di gruppi religiosi (a lei invisi e stigmatizzati come «culti distruttivi») alle varie credenze, principi o dogmi emanati dai rispettivi leader. Qualcosa come «il corpo di Cristo» che si materializza nell’ostia consacrata. Ma vediamo cos’è il fideismo secondo una fonte qualificata come il vocabolario Treccani:


Va da sé che riportando tale definizione non si vuole qui esprimere un giudizio né di favore né di sfavore rispetto al fatto che una credenza possa essere nutrita sulla base di una «fede aprioristica e acritica in una determinata dottrina». Potremmo naturalmente essere di avviso completamente diverso. Così come potremmo invece professare la religione cattolica (ed essere quindi profondamente convinti dell’esistenza di Dio padre onnipotente, della validità del dogma della Santissima Trinità, e della verginità di Maria).

Entrambe le posizioni, nella Repubblica Italiana, dovrebbero godere del medesimo rispetto.

Ma a sentire la Tinelli, tale «atteggiamento fideistico» deve essere deriso e schernito in quanto caratteristica di un «culto distruttivo» che porta le persone ad una «adesione totale» alle credenze del gruppo, magari uno di quei «gruppi che non hanno una base teorica e ideologica sostenibile» (parole sue), tanto da farle concludere, retoricamente: «come si fa a credere a cose di questo genere?»

Il discorso della Tinelli non ci pare solo di un’ovvietà e di una banalità pressoché disarmanti; ci sembra anche di una superficialità e di una tendenziosità allarmanti: incita alla discriminazione su basi del tutto inesistenti.

Per essere molto schietti: come si fa a non rendersi conto di quanto sia scontato un tale concetto? I gruppi religiosi devono essere bollati come «culti distruttivi» perché i loro membri hanno un «atteggiamento fideistico» e di «adesione totale». Ma non è forse così per la stragrande maggioranza delle religioni, se non tutte?

Da quando in qua un buddista si considererebbe un buon praticante dell’ottuplice strada se la osservasse a giorni alterni o solo quando gli pare?

Come potrebbe un imam reputare un buon musulmano colui che prega due volte al mese appollaiato su una poltrona e che non si attiene strettamente alle norme morali del Corano?

Che giudizio darebbe il priore di un monastero sulla condotta di un novizio che ogni Sabato sera se n’andasse a ballare e a fare bisboccia in birreria?

Eppure nessuno di questi comportamenti avrebbe alcunché di riprensibile, in senso lato.

E gli esempi sarebbero innumerevoli.

Per riprendere un paragone cui abbiamo già fatto ricorso, l’argomentazione della Tinelli equivale a dire che i commercianti devono essere considerati fraudolenti perché praticano dei prezzi più elevati rispetto a quelli che vengono loro praticati dai fornitori. In altri termini, sono «fraudolenti» per il semplice fatto che sono dei commercianti.

Sembreranno facezie, ma non è proprio così: la superficialità del discorso della Tinelli investe il fenomeno religioso e spirituale nel suo insieme, attaccando direttamente dottrine affatto maggioritarie a partire da quella ebraico-cristiana (in tutte le sue declinazioni, dalla protestante all’ortodossa sino alla pentecostale e al geovismo) solo per citarne una.

Cioè: ancora prima che di «nuovi movimenti religiosi», la Tinelli sta parlando di «religioni rivelate», principalmente fondate sul «fideismo»:


E abbiamo voluto citare la definizione più semplice, quella appunto riportata qui sopra, solo perché non desideriamo addentrarci in problematiche ben più complesse ed articolate che hanno riempito interi trattati di grandi filosofi, a cominciare da Immanuel Kant per proseguire con molti altri illustrissimi studiosi del passato.

Insomma, verrebbe quasi da descrivere il discorso della Tinelli con le parole della stessa Tinelli:



In altri termini la Tinelli, mentre condanna il fideismo zompando a piè pari in una materia che in quanto psicologa non le compete affatto (e in cui dimostra una palese superficialità), al tempo stesso conferma la sua incoerenza rispetto a dichiarazioni rese da lei stessa solo sette anni fa in Senato.

A chi si dovrebbe credere, dunque? Alla Tinelli del recente webinar che si scaglia contro il fideismo rivolgendosi ai suoi colleghi psicologi? Oppure alla Tinelli del 2011 che si mostra garantista per ingraziarsi la Commissione Giustizia del Senato e favorire così la promulgazione di una legge sul controverso reato di plagio?

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