domenica 18 marzo 2018

Il controverso «reato di plagio» e l’ignoranza degli «anti-sette»

Una decina di giorni fa, replicando in tema di «plagio» a un nostro pezzo con cui abbiamo voluto fare un po’ di chiarezza su cosa sia realmente il «lavaggio del cervello» e in quali contesti avvenga, Sonia Ghinelli del FAVIS ha pubblicato un post sulla sua pagina Facebook (sempre utilizzando l’anonimo e controverso profilo di Ethan Garbo Saint Germain) in cui ha messo in dubbio il fatto che le teorie «anti-sette» sulla «manipolazione mentale» abbiano incontrato un’opposizione accademia forte e sostanziale risultando infine screditate in più luoghi del mondo, a cominciare proprio dagli USA. Per motivare la propria asserzione, la Ghinelli ha condiviso un articolo trovato in Internet:


Per la cronaca, l’articolo è firmato da tale Chris Weller, un giovane giornalista che vive a New York e le cui competenze in tema non ci sono note.

Tuttavia, la Ghinelli fa cenno alle dichiarazioni di un professore di psichiatria (che curiosamente però non nomina) docente presso la Vanderbilt University, un ateneo sito in Nashville, nel Tennessee (America) e fondato nel 1873. Dunque, soprassedendo sull’omessa esplicitazione del nome, è lecito presumere che possa trattarsi di una figura qualificata e competente in materia, per lo meno limitatamente agli aspetti psicologici.

Così ci siamo presi la briga di leggere attentamente l’articolo proprio perché, contrariamente agli «anti-sette», noi e la maggior parte della gente siamo in grado di esercitare un’autocritica e di metterci in discussione; l’idea dunque è stata individuare eventuali spunti di riflessione che potessero fornire elementi anche differenti da quelli che avevamo prospettato.

Un esame obiettivo dell’articolo proposto da Sonia Ghinelli, tuttavia, ci ha fatto trarre conclusioni ben diverse dalle sue, che riteniamo possano essere state avventate (forse limitate dalla sola lettura del titolo?) oppure ostacolate dalla diversità linguistica (l’articolo è interamente in Inglese).

Il giornalista (Weller) esordisce con un breve excursus sul massacro di Jonestown, poi cerca di definire il «lavaggio del cervello» utilizzando quell’eccidio come chiave di lettura. Afferma infatti che «Jonestown fornisce prospettive sorprendenti dei meccanismi che possono provocare cambiamenti nel cervello e nel modo in cui quei cambiamenti possono verificarsi ogni giorno». Weller riporta quindi una citazione tratta dal libro «Lavaggio del cervello, la scienza del controllo del pensiero» (titolo originale: «Brainwashing: The Science of Thought Control») scritto dalla dott.ssa Kathleen Taylor, giornalista e scrittrice con un dottorato presso l’Università di Oxford, in cui si legge:

«Ciò che ritengo stia avvenendo è che le persone stanno adoperando tecniche di psicologia sociale che vengono usate in continuazione, mettendole però in atto in circostanze alquanto estreme. Tali tecniche sono talmente comuni che potrebbero apparire invisibili. La pubblicità e i venditori amano distrarre i clienti in modo tale da far loro focalizzare il proprio messaggio, ribadendo taluni enunciati più e più volte; inoltre (forse questa è l’azione più stringente) riempiono i clienti di dubbi riguardo alle loro passate decisioni. Tale principio resta valido con qualunque prodotto, che sia detersivo per i piatti o fondamentalismo religioso».

Sempre citando la dott.ssa Taylor, Weller spiega come il «lavaggio del cervello» possa venire inteso in due fondamentali accezioni: quello violento che viene praticato in ambito bellico (mediante la tortura, la privazione del cibo, ecc.), e quello non violento che viene messo in atto in modo furtivo: «Il primo è il lavaggio del cervello effettuato con la forza, reso noto dai campi di prigionia (…). Ma siccome ovviamente i pubblicitari non possono fare quel genere di cose, ciò che adoperano è quello che io chiamo il lavaggio del cervello tramite furtività».

A questo punto sembrerebbe di dover dare piena ragione a Sonia Ghinelli e al suo asserto secondo cui la «manipolazione mentale» è una pratica «scientificamente certificata». Ma così non è. Sopportiamo ancora un po’ e proseguiamo nella lettura.

È a questo punto che viene chiamato in causa il prof. William Bernet (docente presso la succitata Vanderbilt University), ossia colui che la Ghinelli menziona nel suo post. Ed è qui che casca l’asino, prima inciampando e poi con un sonoro tonfo.

Inciampa la Ghinelli anzitutto perché l’autore dell’articolo è il giovane Weller e non il titolato prof. Bernet, come lei dà a intendere nel post con cui sembra voler riassumere il tema concettuale del testo.

Casca poi clamorosamente perché le citazioni del prof. Bernet parlano di studi sui problemi psicologici legati ai divorzi e ai conflitti di natura familiare e coniugale che conducono alla «distruzione da parte dei genitori» nei confronti dei figli: «Direi che la sindrome di alienazione genitoriale è provocata dal lavaggio del cervello o indottrinamento del bambino. Devastato dal risentimento, il genitore alienante racconta al bambino quanto l’altro genitore sia terribile, insultandolo apertamente, impedendo che s’incontrino e qualche volta addirittura mentendo circa situazioni di abuso solo per accaparrarsi l’affido». Il che varrebbe a dire che la tanto strombazzata «manipolazione mentale» compiuta dalle «sette religiose» e dai «culti distruttivi» equivarrebbe né più né meno alle scenate dei genitori in lite che tentano di accattivarsi le simpatie dei figli un po’ per ripicca, un po’ per malizia e un po’ per istinto protettivo.

Ma noi non ci accontentiamo di registrare lo scivolone di Sonia Ghinelli, vogliamo accertarci di aver compreso bene il senso dell’articolo e di non esserci sbagliati; chissà mai che invece la Ghinelli avesse ragione.

Tutt’altro: il giovane collaboratore del Medical Daily (Weller) prosegue spiegando come la sindrome di alienazione genitoriale possa combinare «entrambe le forme di lavaggio del cervello menzionate dalla Taylor, il che rende alquanto arduo stabilire quando abbia luogo l’alienazione», anche perché «la linea di demarcazione fra un’attività di genitore condotta con emotività e un comportamento illecito è quasi impercettibile».

Tant’è che la dott.ssa Taylor finisce per concludere come l’analisi di tali fenomeni susciti non poche perplessità: «la manipolazione della psicologia di una persona è decisamente un’area di ambiguità nell’etica medica. A che livello è riprensibile colui che adotta il lavaggio del cervello sotto il profilo morale e legale? Il lavaggio del cervello scolpisce nuovi percorsi neurali nel cervello della vittima, ma quando quei percorsi si formino e quali siano maggiormente responsabili di comportamenti distruttivi sono misteri che la scienza è ancora ben lontana dall’aver risolto».

L’articolo chiude poi spiegando come nella società in cui viviamo vi è un continuo «lavaggio del cervello» inteso proprio come bombardamento costante di messaggi, proposte e indicazioni di natura principalmente pubblicitaria o ideologica che svolgono la medesima funzione (come la dott.ssa Taylor indicava inizialmente) della coercizione messa in atto nei campi di prigionia tanto quanto le scenate del marito che sparla della moglie di fronte ai figli; quell’invasione mediatica di informazioni produce nelle persone una sorta di «esaurimento, quando non propriamente una paralisi, nel momento in cui si deve prendere una decisione». Un fenomeno, però, che è del tutto normale e fisiologico per l’era «informatica» in cui viviamo, tanto che l’autore chiude citando ancora la dott.ssa Taylor: «A tutte queste cose (esaurimento, distrazione, spossatezza, tempo, pressioni) si può resistere, se lo si ritiene di qualche importanza; ma per la maggior parte delle persone e per la maggior parte del tempo, non lo si ritiene importante. Dunque, non lo è».

E questo, secondo la Ghinelli, sarebbe un articolo che dimostra come il «plagio» praticato nelle «sette» è una realtà riconosciuta dalla scienza? Delle due l’una: o non ha capito ciò che ha letto, oppure si è limitata a qualche scorsa superficiale per poi interpretare a proprio uso e consumo quanto ha condiviso. E non sarebbe affatto la prima volta...

Insomma, senza mezzi termini, anche questo è un caso di «fake news» propalate da una esponente «anti-sette».

D’altronde, i concetti espressi dalla dott.ssa Taylor e dal prof. Bernet sono del tutto in linea con quanto ha affermato recentemente un sacerdote cattolico, sociologo e studioso di religioni, il prof. Luigi Berzano proprio in risposta alle tendenziose domande della giornalista Raffaella Pusceddu: «Se il lavaggio del cervello [inteso nell’accezione di “manipolazione mentale” come interpretata dagli «anti-sette», N.d.R.] è un reato, tutto rischia di essere reato. I monasteri cattolici che hanno il noviziato attuano un anno che è chiaramente di grande limitazione delle libertà individuali, ma è di tipo formativo»:



Ne dobbiamo dunque concludere che, per l’ennesima volta, in quanto rappresentante del FAVIS Sonia Ghinelli si dimostra inattendibile e inaffidabile: l’antitesi del genere di figura che lo Stato dovrebbe considerare una fonte qualificata per prendere decisioni che influenzano le libertà personali.

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