domenica 24 dicembre 2017

I comunisti mangiano i bambini? No… loro no, ma le «sette» sì!

[Post aggiornato il 16 Marzo 2018]
[Nota: i nomi sono stati oscurati per non perpetrare il sopruso.]

Prima che qualcuno prenda troppo sul serio la nostra provocazione, precisiamo che solo per amor di satira abbiamo intitolato questo post ricalcando la «storica» fanfaluca a proposito dei «compagni» di sinistra (per ulteriori spiegazioni, rimandiamo a questo articolo). Oggi la si definirebbe una «bufala», ma la somiglianza con quanto andremo a raccontare è emblematica.

Un lettore ben informato che sta seguendo il blog e che ha letto il nostro post a proposito della vicenda giudiziaria dei presunti «Angeli di Sodoma», ci ha fatto gentile dono di un documento alquanto pertinente che, pur essendo pubblico, non ci risulta abbia mai visto la luce.

Ne pubblichiamo qualche stralcio per fornire ulteriori elementi a dimostrazione dello scellerato modus operandi degli «anti-sette» e del modo in cui essi foraggiano la «Squadra Anti-Sette» (SAS) per colpire le persone più deboli e i gruppi di minoranza da loro opinabilmente classificati come «culti distruttivi».

Si tratta della famigerata relazione di don Aldo Buonaiuto, sulla base della quale non solo la magistratura ha inflitto la carcerazione preventiva (in attesa di giudizio) a quattro imputati, ma la macchina del fango fomentata dai soliti «anti-sette» ne ha anche rovinato per sempre l’esistenza marchiandoli a fuoco con un’ingiusta nomea di maniaci e assassini. L’unica verità è che uno di loro aveva commesso il reato di cessione (nemmeno spaccio) di stupefacenti (ed è stato quindi condannato per tale illecito).

Come si diceva appunto in quel già citato post, pochi mesi prima dell’istituzione della SAS e proprio in occasione dell’inchiesta giudiziaria che era partita su quei quattro giovani satanisti del pescarese, don Aldo Buonaiuto era stato «nominato sul campo ufficiale di polizia giudiziaria» per assistere «i poliziotti nei meandri oscuri dei riti dedicati al demonio». In altri termini, era stato assunto come consulente dalla Polizia Giudiziaria che stava indagando.

Ecco, infatti, come titolava la relazione (nove pagine) redatta da don Buonaiuto:


Ed ecco come veniva giustificato, nell’introduzione di quel documento (prima pagina), il ruolo del prete cattolico:


Vorremmo soffermarci su un elemento che viene qui fornito: «dopo (…) aver esaminato tutto il materiale acquisito» significa, senza mezzi termini, che don Buonaiuto ha avuto accesso sin dall’inizio a tutti i documenti dell’indagine, ovviamente secretati e quindi preclusi a chiunque altro, persino ai legali degli imputati. Ne consegue che a un prete cattolico (peraltro privo di qualsivoglia titolo accademico in materia di religioni e spiritualità con l’unica, ovvia eccezione della propria) viene affidato l’incarico – singolarmente (per non dire paradossalmente) – di redigere una relazione riguardo a un gruppo di satanisti: quale obiettività potrà mai avere una tale figura? In forza di un simile incarico, tale prete cattolico è automaticamente investito di un potere immenso, ossia quello di esprimere giudizi di merito e accuse molto pesanti che non saranno sottoposte ad alcun contraddittorio né al vaglio di alcuna critica.

Giudizi e considerazioni che, infatti, sono valsi agli imputati il carcere e la rovina totale della loro reputazione ad opera della macchina del fango «anti-sette», già molto prima (ben tre anni) che il tribunale potesse esaminare gli elementi e formulare una propria sentenza.

Sentenza che, quando è arrivata, ha clamorosamente smentito la versione iniziale ed ha razionalmente sanzionato solo i fatti criminosi accertati, nessuno dei quali collimava con i roboanti anatemi del sacerdote livornese.

Tant’è che la denominazione stessa «Angeli di Sodoma» è un’invenzione giornalistica (utile per suscitare timori e ribrezzo) e infatti i quattro indagati hanno subito un massacrante processo mediatico grazie a don Buonaiuto e ai suoi colleghi. Alcuni media di quel periodo sono ancora rintracciabili su Internet, con i loro titoli sensazionalistici: «Bambini drogati e violentati per riti satanici», «Bimbi violentati e drogati, 4 arresti» e «Sette sataniche, “Angeli di Sodoma” pericolosi – ramificazioni da nord a sud».

Ma torniamo al documento ed esaminiamone alcuni passaggi.

Questo paragrafo è posto all’inizio della relazione vera e propria:


Sorvolando su quel curioso quanto ambiguo «egregiamente» che sa un po’ di sviolinata, notiamo subito due elementi cardine: anzitutto, il «gruppo satanico» oggetto di indagine (e dunque – teoria vorrebbe – in quanto tale da considerare innocente fino a prova contraria) è immediatamente definito una «nefasta realtà»; ciò indica inconfutabilmente che la relazione di don Aldo Buonaiuto parte sin da principio con una sentenza inappellabile di colpevolezza, o per dirla in altro modo, con un profondo pregiudizio che non lascia spazio ad alcuna obiettività o serena osservazione. Quale metodo scientifico può venire adottato in presenza di un simile preconcetto?

L’altro elemento è quello dell’allarmismo, che spicca anch’esso da quel primo, chiassoso paragrafo: i quattro giovani pescaresi sarebbero stati addirittura, secondo don Buonaiuto, esponenti di una realtà criminale internazionale. Nulla, però, di quei legami stile «cospirazione mondiale» (che ci ricordano famosi film americani ricchi di effetti speciali), è mai emerso dal processo o dal proseguimento dell’inchiesta. Da quali elementi li avrà colti il prete della SAS? Forse dalla sua inesistente preparazione accademica in materia di criminologia o di filosofia della religione o di sociologia?

Più oltre nella relazione, don Aldo Buonaiuto cerca di portare prove a dimostrazione della sua tesi accusatoria:



Posto che i quattro ragazzi indiziati si fossero dati la denominazione di «Angeli di Sodoma», questa è una pura e semplice interpretazione del significato che essi avrebbero potuto attribuire al vocabolo «angeli»; ma poi,come in un sillogismo sofistico la trattazione prosegue e finisce per tradursi nel sospetto che il gruppo potesse, sulla scorta di quella significanza, commettere un crimine. Ipotesi tutto sommato legittima (sempre ammesso e non concesso che la premessa potesse essere sensata), ma quel sospetto non viene affatto qualificato come tale; tutt’altro, viene proprio fatto assurgere a «elemento di prova»! Eppure non si trattava dell’accertamento che quel genere di atto (tanto orripilante) fosse stato commesso, ma solo di un sospetto fondato su meri concatenamenti di pensiero.

Infatti, proseguendo con la lettura, si ha la netta sensazione che la «relazione» di don Buonaiuto altro non sia se non un vero e proprio «processo alle intenzioni» che ha l’amaro e orrido sapore di un revival dell’inquisizione spagnola.


Indubbiamente, un’affermazione di quel genere risulterebbe aberrante per una persona di buon senso; così sarebbe, in modo particolare, se il significato dato a quelle parole fosse davvero ciò che vuole fare intendere il testo che le riporta. In altri termini, estrapolata dal proprio contesto ed inserita in un dato passaggio di una «perizia» che dipinge una scena con tinte fosche e tetre, senza dubbio una frase tanto eclatante sortisce l’effetto di un ribrezzo istantaneo, suscita come reazione un ipotetico invito a lavarsi la bocca col sapone.

Ciò detto, se l’infelice boutade non ha avuto alcun tipo di seguito e non vi è stato il benché minimo indizio concreto della volontà di mettere in atto una tanto ripugnante condotta, nessuno dovrebbe sentirsi autorizzato a «condannare in via preventiva» un individuo per infanticidio quando tutt’al più lo si potrebbe tacciare di turpiloquio. E questo senza nemmeno aver indagato in quale contesto, in quale momento particolare e in quali condizioni individuali il soggetto avesse esternato dei pensieri tanto gravi. Anche perché la stessa relazione parla di «battuta» e non vi è peraltro alcun accenno al fatto che la «testimonianza» indicata sia stata messa alla prova in termini di veridicità o sia per altri motivi da considerarsi pienamente attendibile.

Eppure, secondo don Aldo Buonaiuto, delle «prove» come quella sono più che sufficienti per considerare gli indiziati dei criminali tout-court:


A noi, invece, da quanto esposto appare evidente come don Aldo Buonaiuto «divulghi pericolosamente» una cultura dell’allarme e del sospetto e dell’intolleranza del diverso, tentando di minare la serenità psichica della gente e – peggio ancora – strumentalizzando le istituzioni dello Stato per reprimere i diritti e la libertà delle persone che non gli garbano.

Ha forse buon gioco don Buonaiuto ad affermare che le persone «in genere» sono «fragili»? Forse vorrebbe che lo fossero, perché in tal caso lui può sentirsi autorizzato a «proteggerle» dal «maligno» e quindi a continuare a richiedere ed ottenere fondi per la sua associazione?

Ma se il «maligno» da lui additato è solamente il libero pensiero e se il «pericolo» è in realtà rappresentato dalla libera associazione, la gente ha davvero bisogno di una simile «tutela» e lo Stato (che si presume sia laico) dovrebbe continuare a finanziarla con il denaro di noi contribuenti?

2 commenti:

  1. Fuori di testa, un prete che giudica il Satanismo?!?!
    Follia completa.

    RispondiElimina
  2. Come darle torto?
    Il guaio è che la stragrande maggioranza degli italiani il problema delle «sette» non ce l’ha perché di fatto non esiste.
    Ed è proprio per questo che gli «anti-sette» hanno bisogno di tutta questa propaganda e del can-can mediatico, altrimenti non avrebbero in mano nulla per avvalorare il loro «lavoro».

    RispondiElimina